sabato 28 settembre 2013

aver perso te.

Come aver perso la strada di casa è aver perso te.
Come un lago di desolazione che m'invade, un lago perché se almeno fosse mare potrei nuotare fin là, fino alla riva, se fosse fiume potrei risalire la corrente, ma è un lago e non posso far altro che continuare a nuotare, nuotare per restare a galla, senza poterne uscire, senza potermi salvare.
Come aver perso me è aver perso te. In fondo l'ho sempre detto, saputo, sentito, che le nostre radici erano intrecciate, che 'lui è per me più di quanto sia io per me stessa'.
Come aver perso ogni capacità di sentire, non ho più tatto, vista, olfatto. Non sento alcun sapore.
Come non esser più in grado di leggere, scrivere, formulare un pensiero compiuto.
Come aver paura di ogni cosa, soprattutto di guardarmi dentro. Guardare nel vuoto che hai lasciato.
Come dover ricostruire i pezzi di me che hai lasciato. No, non si può. Allora ecco che sorrido, continuo ad indossare la mia maschera migliore e continuo a sentirmi dire : "Stai molto meglio da quando lui non c'è".
Sì, certo, sto molto meglio. Andate a dirlo al mio cuore, al mio respiro che ormai non c'è.

venerdì 18 gennaio 2013

come un cerchio.


Lo so. È tutto sbagliato. Noi non dovremmo nemmeno essere qui. Ma ci siamo.
È come nelle grandi storie, padron Frodo. Quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericoli, e a volte non volevi sapere il finale. Perché come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare com'era dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine è solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve passare. Arriverà un nuovo giorno. E quando il sole splenderà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che significavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire il perché. Ma credo, padron Frodo, di capire, ora. Adesso so. Le persone di quelle storie avevano molte occasioni di tornare indietro e non l'hanno fatto. Andavano avanti, perché loro erano aggrappate a qualcosa.

Il Signore degli Anelli - Le due Torri

lunedì 14 gennaio 2013

incredibilmente sincera.


12/07/12

E  se il sonno non arrivasse una notte qualunque di una bollente estate di un anno qualsiasi del nuovo secolo. E se il sonno non arrivasse e finalmente il mio cuore ritrovasse il coraggio di parlare, di scrivere di sentimenti e paure  troppo represse dentro me. E se durante una qualsiasi notte romana in cui 30° non lasciano respirare, finalmente la bomba ad orologeria, che nulla è se non io, finalmente esplodesse?
Allora mi lascio andare con una canzone, con il traffico in sottofondo e il menefreghismo che uso per difendermi dall’ansia di un esame imminente. Chiudo gli occhi e non c’è un’immagine precisa che si staglia in quest’oscurità.. piuttosto è un film ad essere proiettato.

Ho sognato per così tanto tempo che ora anche la fantasia ha cominciato a nausearmi, eppure se apro gli occhi mi piace cosa vedo? No, vedo una me che non sa dove andare, che un giorno è il massimo della presenza, del sorriso, sembra quasi ‘vivere’; una me che a volte cammina leggera ed attira gli sguardi dei passanti; una me che tira fuori tutta la forza che ha ed è robusta come un pilastro, regge l’intero palazzo; una me che il giorno dopo è solo briciole. Briciole. E viene spazzata via dalla più piccola folata di vento. Lo stesso vento che le ha spostato con cura i capelli e ha fatto sì che lui se ne innamorasse.
Un lui che non esiste, non esiste un lui che la ami con tutto se stesso e per tutto ciò che lei è, per ciò che racchiude. Solo uomini di passaggio, mendicanti di notti ubriache che la desiderano o ne sono attratti, che vogliono condividere un letto con lei, o meglio bastasse questo, vogliono portarsela a letto. Ecco cosa vogliono. E lei cosa cerca? Sì, tu, cosa cerchi? Due risate, un bacio candido e a volte sbronzo, qualcuno che ti guardi oltre la nebbia di fumo che hai intorno, oltre il bicchiere che con pazienza tieni in mano e porti alla bocca, qualcuno che voglia ascoltarti. Non più qualcuno che ti salvi. L’avevi capito: nessuno è disposto a farlo. E neanche qualcuno che ti ami. Sai che solo lui ti ha amata, in tutto e per tutto, e nessun altro lo farà, sai che lui ormai è lontano e sai che non tornerà. Sa che con lui ha condiviso tutto ciò che due persone che possono condividere.. e non parlo di cose grandi, immense, mi riferisco a quelle piccole, quelle di tutti i giorni che solidificano il rapporto sempre un po’ di più..  e poi l’amore.. l’amore. Non che fare l’amore con lui sia così imprevedibile, ma è amore. E’ conoscersi, è guardarsi, è volersi, è non riuscire a non abbracciarsi, a non baciarsi, è ridere, è gioco. E’ volerlo fare solo con lui. Con nessuno degli sconosciuti che ho incontrato sulla mia strada. Con nessuno degli sconosciuti che si vorrebbero infilare nel tuo letto e a cui tu non lo permetti.
Capire che però è finita, che negli ultimi tempi tante esigenze e diversi bisogni volano in quest’aria densa, mettere fine a rapporti che il tempo o la troppa vicinanza, o lontananza, ha logorato. Fare ciò che è giusto perché non si rompano. Scoprire ciò che mi è stato nascosto. Ecco cos’ha parlato oggi. Il senso di colpa. Ferita nell’orgoglio, non nel sentimento. Purtroppo non incredula. E non sola. Qui, con la mia musica, le mie parole, il mio passato che seppur distruttivo mi rende fiera perché non mi ha distrutta e non mi sono distrutta, con il mio presente che seppur traballante e colmo di dolore e morte a paure e rabbia e disperazione, è lucido, è pieno, è mio, prosegue giorno dopo giorno con altri propositi, con altre prove che grazie alla mia testardaggine perseguo mettendo in conto la sconfitta, con me stessa che più bella compagnia non c’è, e con il mio futuro. Il mio futuro. Può essere un giorno, due, un altro mese. Ciò che ho capito è che la vita è imprevedibile. Ma ora che questa realtà mi ha messo di fronte alla morte capisco che ciò che voglio è fare tutto a modo mio, tutto. Sbagliare, correggermi, cadere, sorreggermi, amare, lasciarmi amare, ridere. Io. Io. Io. Voglio essere Io la protagonista della mia vita, non la copia di qualcun altro, non la controfigura, non sottomessa, piuttosto arrabbiata, leggera, nevrotica, innamorata, leggera.

sabato 12 gennaio 2013

due vite.

Pensava soltanto a quello. Riportare la sua vita a quel punto.
Nel punto dove si era interrotta.
Si trattava di unire due lembi di terra, due lembi di tempo.
In mezzo c'era il mare.
Si metteva i fichi aperti sugli occhi per ricordarsi quel sapore di dolce e di grumi.
Vedeva rosso attraverso quei semi.
Cercava il cuore del suo mondo lasciato.

Margaret Mazzantini, Mare al mattino

martedì 20 novembre 2012

la mancanza.

Questa voragine ha il tuo nome. Ha il volto dei nostri risvegli, del tepore di un letto condiviso, delle colazioni musicali, dei baci con labbra intorpidite, delle carezze prima d'addormentarsi, del mio collo accoccolato sul tuo braccio, del profumo del caffè che trovavo in tavola. Ha l'odore del tuo respiro, il sapore dei tuoi baci, della tua barba ispida, del mio mento screpolato.
Questa voragine ha il nostro volto.

venerdì 21 settembre 2012

non sai.

Ti ho parlato tanto, sempre. Credo tu sia stata l'unica persona con la quale sono riuscita a parlare durante questo breve pezzo di vita. Ti ho parlato in ogni modo: tra le lacrime, con una canzone, mentre mi abbracciavi, durante l'amore, ti ho parlato su un pezzo di carta qualsiasi, su un fazzoletto, su fogli che conservi gelosamente nel portafogli,  ti ho parlato d'amore, di addii, di perdono, di ritorni, del mio dolore, della mia famiglia, delle mie cadute.
Di tutto. Poi ho smesso di farlo. Sembrava non mi ascoltassi più.
Ho cominciato ad usare anche con te il silenzio, e soprattutto tanta tanta rabbia. Ma eri comunque l'unico con il quale avrei parlato. Da te mi lasciavo abbracciare tra le lacrime e.. credimi quello è davvero il momento in cui sono più fragile, in cui voglio stare sola perché il contatto con due braccia rischia di spezzarmi, di far crollare il mio muro, la mia maschera. Tu potevi invece. Tu hai sempre potuto tutto con me. Ed io abbaiavo, abbaiavo sempre ma non andavo mai via.
E quando l'ho fatto me ne sono pentita amaramente, non avevo seguito il cuore e tutto in me si era spento.
Ma non è questo che volevo dire.... volevo dire che anche ora sei l'unica persona con cui riesco a parlare, le tue sono le uniche braccia in cui mi lascio andare ma, proprio come allora, tu non hai tempo, o voglia, chissà.
Stare lontani non è facile, sentirmi un'intrusa non è facile, sentirmi l'ultima arrivata anche se in realtà sono la prima. Ma ho seguito il cuore, seguo il cuore. Perché quando siamo insieme lo sento in ogni fibra che mi ami, lo seguo perché quella sera al telefono mi chiedevi di parlare di qualsiasi cosa perché volevi addormentarti con la mia voce, lo seguo per il modo in cui mi hai baciato le spalle la notte che segnava i nostri cinque anni, lo seguo per quella volta in cui ti ho detto " Quante cose ci siamo persi l'uno dell'altra" e non voglio che ricapiti, lo seguo per quella sera in cui mi hai chiesto di partire, per quella sera in cui immaginavamo nostro figlio, per quella sera in cui eravamo sicuri del nostro destino, lo seguo per questi ultimi cinque anni e per quella volta in cui sono andata via ed è stata la cosa di cui più mi sono pentita in questa vita. Anche se spesso non mi ascolti, anche se spesso non hai tempo, anche se ora non sai che dolore provo dentro mentre le preparo la valigia, le strofino il pigiama, mentre muoio di paura.

giovedì 20 settembre 2012

nebbia.

Forse la colpa è del cambio di stagione ma sembra proprio che questo paese e questa casa siano avvolti da una nebbia fitta. L'atmosfera è più cupa, le ore scorrono più lente, i colori sbiadiscono. Ed io pensavo di non fare in tempo. Ed invece ancora c'è il tempo. Ancora ci sono possibilità per quanto mi spaventino, per quanto arrendersi, lasciarsi andare a terra di spalle ad un muro e poi d'un tratto vedersi aprire di fronte una porta faccia paura perché significa rialzarsi, ricominciare a crederci, continuare a lottare senza forze.
Quindi si inizia di nuovo, soli com'è sempre stato, anche se ci è stato detto di non sperare perché le possibilità sono minime. Questa volta tutti e tre lontani: Como, Roma e la Basilicata.
Purtroppo la nebbia sembra essersi impadronita del mio cuore.