sabato 28 settembre 2013

aver perso te.

Come aver perso la strada di casa è aver perso te.
Come un lago di desolazione che m'invade, un lago perché se almeno fosse mare potrei nuotare fin là, fino alla riva, se fosse fiume potrei risalire la corrente, ma è un lago e non posso far altro che continuare a nuotare, nuotare per restare a galla, senza poterne uscire, senza potermi salvare.
Come aver perso me è aver perso te. In fondo l'ho sempre detto, saputo, sentito, che le nostre radici erano intrecciate, che 'lui è per me più di quanto sia io per me stessa'.
Come aver perso ogni capacità di sentire, non ho più tatto, vista, olfatto. Non sento alcun sapore.
Come non esser più in grado di leggere, scrivere, formulare un pensiero compiuto.
Come aver paura di ogni cosa, soprattutto di guardarmi dentro. Guardare nel vuoto che hai lasciato.
Come dover ricostruire i pezzi di me che hai lasciato. No, non si può. Allora ecco che sorrido, continuo ad indossare la mia maschera migliore e continuo a sentirmi dire : "Stai molto meglio da quando lui non c'è".
Sì, certo, sto molto meglio. Andate a dirlo al mio cuore, al mio respiro che ormai non c'è.

2 commenti:

  1. Certe volte la perdita colpisce al centro perchè tramite la perdita dell'altro, c'è in realtà perdita di noi e delle radici che ci nutrivano e ci facevano stare in piedi.Si crea un divario drammatico fra quel che appariamo agli altri e quel che siamo
    (o meglio, quel che è rimasto di noi). Allora dissimuliamo.
    Ma la luce è spenta. In quello scollamento, c'è il senso del tragico e del comico allo stesso tempo
    Qualcosa si è inceppato e non si sa quando e se, sarà possibile ripararlo.
    E' difficile avanzare nel buio. Si inciampa. Si resta storditi
    Manca una direzione. Si può restare inchiodati nella paura oppure prendere a muoversi freneticamente
    E gli altri scambiano quel fare tante cose, come una nuova vita.
    Non lo è.
    Ci si può accontentare di sopravvivere? Nemmeno quello.
    Allora ci si dipinge un sorriso in faccia. Si finisce per sorridere e fissare per minuti interi un punto lontano, un riflesso sul finestrino del treno, il colore che prende il pavimento illuminato dal sole, le gocce di pioggia che corrono sul vetro.

    Ciao C.
    Carlo

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  2. Si finisce per prendere e partire di punto in bianco, con la speranza di dimenticare, di ricominciare, di gettare le radici da qualche altra parte. Non si conclude più nulla, s'impiegano tutte le forze nel fingere nel dissimulare. Si pensa ad apparire al meglio, ma dentro c'è solo un'arida distesa dove sembra che più nulla possa nascere e crescere.

    Annamo bene!

    Un abbraccio, C.

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