venerdì 7 ottobre 2011

L'insostenibile leggerezza dell'essere.


  Un venerdì pomeriggio come tanti altri, solo un po' di pioggia e vento in più che però non spazza via nulla, nè la tristezza, nè il malessere che schiaccia lo stomaco. Mi sono fermata quest'oggi ed ora capisco che è l'ultima cosa da fare, perché in questo modo i pensieri hanno più spazio, più strade per raggiungermi. Mi son fermata ed invece di assaporare l'aria improvvisamente più fresca o lasciarmi accarezzare dalla pioggia mi son lasciata andare, mi son chiusa in me, ho deciso di scendere in basso. Forse è l'unica condizione in cui riesco a stare.

 La vertigine potremmo anche chiamarla ebbrezza della debolezza.
 
Ci si ubriaca della propria debolezza, si vuole essere ancor più deboli, si vuole cadere in mezzo alla strada, davanti a tutti, si vuole stare in basso, ancora più in basso.
  
Ci si rende conto della propria debolezza e invece di resisterle
, ci si vuole abbandonare ad essa. (Milan Kundera)

Un

 La vertigine potremmo anche chiamarla ebbrezza della debolezza.
 
Ci si ubriaca della propria debolezza, si vuole essere ancor più deboli, si vuole cadere in mezzo alla strada, davanti a tutti, si vuole stare in basso, ancora più in basso.
  
Ci si rende conto della propria debolezza e invece di resisterle
 Ci si ubriaca della propria debolezza, si vuole essere ancor più deboli, si vuole cadere in mezzo alla strada, davanti a tutti, si vuole stare in basso, ancora più in basso.
  
  Ci si rende conto della propria debolezza e invece di resisterle, ci si vuole abbandonare ad essa. (Milan Kundera)

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